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Stanza Luigi Lilio

Lunario Novo secondo la nuova riforma dell’anno

 

Lunario novo secondo la nuova riforma dell’anno

Archivio segreto Vaticano, A.A., Arm. I XVIII, 5506, f. 362r; mm. 300×225, ff. 405

Il “Lunario Novo secondo la nuova riforma” è uno dei primi esemplari di calendari stampati in Roma dopo la riforma gregoriana del 1582; è ora rilegato in uno dei volumi miscellanei di carte del papa Gregorio XIII.

Si osservi nel calendario, fra le altre curiosità, la mancanza dei giorni 5‑14 nel mese di ottobre, l’autorizzazione pontificia alla stampa (in calce: Con licentia delli Superiori… et permissu Ant(oniiLilij) e la firma autografa di Antonio Lilio, fratello di Luigi Lilio autore della riforma, che possedeva i diritti di stampa.

Il calendario riporta il mese di ottobre, novembre e dicembre del 1582 e una sorta di previsione metereologica ”breve  e giuditio, sopra la stagione vernale, dell’ Anno Riformato alquanto humida, &  la maggior parte fredda, non senza alcune pioggie”. Seguono delle raccomandazioni su quando bisogna somministrare medicine, fare stufe, bagni, cavar sangue o altre operazioni secondo “I buoni & tristi Aspetti de gli pianeti”; sono indicate le ore dei giorni, le lunazioni e il calcolo delle congiunzioni e opposizioni del Sole con la Luna.

Il calendario gregoriano, il cui autore è il medico e astronomo Luigi Lilio, non fu subito e ovunque accettato da tutti i paesi. Adottarono subito il calendario i paesi cattolici romani. Dopo più di un secolo, le difficoltà incontrate nelle attività legate al commercio e nelle relazioni internazionali convinsero i paesi protestanti ad adottarlo. I più tardivi furono i paesi ortodossi, che accettarono il nuovo calendario dopo la fine della prima guerra mondiale soltanto in materia civile, mentre in liturgia utilizzano ancora il calendario giuliano. La Bulgaria si associò agli altri stati nel 1917, la Russia nel 1918, Serbia e Romania nel 1919, la Iugoslavia nel 1923, la Turchia nel 1927 e per ultima fu la Grecia nel 1928. Fuori dall’Europa il Giappone si allineò nel 1873 e la Cina nel 1911. Rifiutano ancora oggi di adottare il calendario gregoriano pochi paesi come l’Etiopia, gli Ebrei e i Musulmani ma limitatamente ai fini religiosi.

 

Francesco Vizza

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Stanza Luigi Lilio

Bolla inter gravissimas

Bolla Inter gravissimas

Bolla Inter gravissimas

Cristoforo Clavio Romani calendarij a Gregorio XIII P.M. restituti explicatio, 1603.

Papa Gregorio XIII Pontefice Massimo da 1572 al 1585, subito dopo il suo insediamento nominò una Commissione di esperti a cui affidò il compito di esaminare le proposte di riforma del calendario avanzate da numerosi studiosi italiani e stranieri. La riforma era ritenuta necessaria perché il calendario giuliano in vigore dal 46 a.C., su cui si basava la vita della Christianitas nel suo complesso, era sfasato di dieci giorni rispetto al vero anno solare, quello astronomico.

La Commissione valutò diverse proposte, ma l’attenzione si concentrò su un ingegnoso progetto di riforma che era stato elaborato da Luigi Lilio. Il progetto, presentato dal fratello Antonio, permetteva di mantenere l’equinozio di primavera in una data fissa e certa, il 21 marzo, e consentiva di determinare con precisione e senza incertezza la data della Pasqua di qualsiasi anno. La Commissione accettò definitivamente il lavoro di Lilio che il 5 gennaio 1578 venne stampato in forma di Compendium e inviato alla comunità scientifica e a tutti i Principi cristiani, affinché esprimessero un preciso parere.

Il giorno Sexto Calend. Martij Anno Incarnationis Dominae M.D.LXXXI, corrispondente al 24 febbraio 1582, Gregorio XIII firmò la bolla “Inter gravissimas” con la quale ordinò l’adozione del nuovo calendario. Il 1° marzo 1582 il testo venne affisso alle porte della Basilica di S. Pietro, alle porte della Cancelleria Vaticana e nella piazza Campo dei Fiori.

Francesco Vizza


GREGORIO PAPA  XIII.

                  A futura memoria.

Havendo noi già alquanti giorni commandato, che si stampi publichi, (come nelle nostre lettere sopra di ciò fatte, pìu pienamente si contiena) il Calendario Romano,  con somma diligentia di  nostra commissione corretto e compito, e da noi approbato,iìnseme con l’opera del nuouo modo di correggere esso Calendario, e col Martirologio,  dal quondam Aluise Gilio diligentemente fatto e compito, secondo la regola di detto Calendario nuovo; havendo noi il debito rispetto alla faticosa e non mai stanca operatione del nostro diletto fìgliuolo Antonio Gilio dell’Umbria habitante in Roma, Dell’arti di medicina dottore, e fratello germano dì detto Alugi, qual egli a fatta nel l’acconciare detto Calendario giudicando esser il do-vere, che secondo che per le sue lunghe vigilie e fatiche questa opera per la maggior parte al suo fine è stata condotta, così anco con la sua cura e diligentia sia data fuori, e si conservi da gli errori e falli netta. E però volendo (accioche si possi anco allegrare dell’effetto della sua industria e vigilie,) favorire il detto Antonio Gilio con favore di gratia speciale. Motu proprio, e non ad instantia d’alcuna dimanda fatta a noi da detto Antonio, o da altri in nome suo, ma per nostra certa scientia, e per la pienezza dell’Apostolica potestà, concedemo per tenor delle presente a detto Antonio, che per dieci anni prossimi nissuno posto in terre de’ Christiani, sia di che grado, ordine, ò conditione esser si voglia possi stampare ò far stampare detto Calendario, opera, e Martirologio, overo parte alcuna di loro, ò qual se sia altra cosa, ch’in qual si voglia modo sia cavato, ò dipenda dalla opera della correttione di detto Calendario, e dal ciclo dell’Epatte, e dal modo dell’Equatione dell’anno Solare, e Lunare dal predetto Aluigi trovate, senza espressa licentia di detto Antonio, overo de’ suoi heredi; ne stampati li possa vendere, ò metterli in publico per venderete, ne haverli ò tenerli nelle proprie case ò altrove, etiam che in dono, ò adimprestito, ò altramente li venissero in mano. Prohibendo distrettamente a tutti, et a ciascuna persona dell’uno sesso, e particolarmente a stampatori, a librari, & a mercanti, che sono così in italia, come fuora di essa in qualunque parte del mondo, in virtù di santa obedienza, e sotto pena dell’escommunica latae sentiae, dalla quale fuor ch’in articolo dì morte, non possino esser assolti se non da noi, ò daPontefici, ch’a quel tempo seranno, havendo però prima sodisfatto il danno, e pagato la pena posta; & a quelli c’habtiano nelle terre alla Santa Romana mediate ò immediate sogetti, sotto pena della perdita de’ libri e di mille ducati d’oro di camera, da esser applicati per la mittà alla camera Apostolica e per l’altra mittà a detto Antonio overo a suoi heredi; nelle quali pene senza altra dechiaratione incorrano tante volte quante essi contrafaranno, e tutti quelli che li daranno aiuto, consiglio ò favore, & quelli che tal cose faranno, taceranno e non revellaranno, di qulunque grado, stato, ordine, conditione e dignitade se siano, che durane detto decennio non ardiscano over presumano di sotto alcuna forma in luoco alcuno stampare ò far stampare, senza espressa licentia e consenso di detto Antonio Gilio ò de’ suoi heredi, ò stampati da qualunque senza detta licenza, vendere ò tener fuori per vendere ouero in casa ò in altro luoco tenere, etiam che li fossero imprestati ò donati, over altramente dati, il detto Calendario & opera, & ilpredetto Martirologio, overo alcuna parte di loro, e qualunque altra cosa, che a modo alcuno sia cavata ò dependi dalle predette opere. Co-mandando di più a tutti e cadauno, che a recitare il divino officio obligati sono, in virtù di santa obedienza, che non adoperino altro Calendario, che questo in Roma stampato over altro che di licenza di detto Antonio Gilio, ò de’ suoi heredi stampato in altro luoco sia. Percioche essendo nuovi tutti i canoni di questo Calendario, nuova ancora la descrizione del ciclo dell’Epatta e della lettera Domemicale, si potrebbe appena fare, che non nascessero nel stamparlo de gli errori, se quelli che chiaramente questa cosa intendeno, e chell’ordine di questo Calendario perfettamente conoscono, non fossero assiduamente nel stam-parlo presenti. Da che non piccola diversità nascerebbe nella celebratione delle feste mobili, e nel pronunciare la Luna nel Martirologio. Quello certamente ch’altramente farà, incorra nella sentenzia della escomunica latae sententiae, e sappi non haver sodisfatto al suo obligo nel recitare il divino officio. Dechiarando le presenti nostre non esser a modo alcuno comprese sotto quali se siano revocationi, suspensioni, limitationi, over altre contra-rie dispositioni de simili over dissimili gratie da noi ò da’ nostri successori a lor tempi uscite, ma esser sempre da quelle eccettuate; e quante volte quelle usciranno fuori, tante volte s’intendino queste esser ritornate riposte e pienamente reintegrate nel lor pristino stato, & in quello istesso, che erano prima, che quelle fuori uscissero; e che di nuovo s’intendino esser concessa sotto un’altra data, ancorche a quelle posteriore, da esser eletta quando se sia da detto Antonio overo da’ suoi heredi predetti; e che cosi sia giudicato e definito da quali se siano Giudici e Commissari, & etiam da gli auditori delle cause del palazzo Apostolico, e da’ Cardinali della S. R. Chiesa, levandoli ogni facoltà, & auttorità, d’altramente giudicare, & insieme dechiarando essere irrito e di nissun valore tutto quello, cbe altramente intorno a questa cosa da qualunque di qualsivoglia auttorità scientemente ovcr ignorantemente occorrerà esser tentato. Perlaqual cosa commandiamo alli venerabili  fratelli, Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi, & ad altri ordinarij de’ luochi, & anco alli diletti figliuoli lor Vicarij ,& Officiali, Generali, & alli legati, Vicelegati, e Governatori, del stato temporale della Santa Romana Chiesa in luoco nostro, ò del Pontefice Romano, che allhor si trovarà, in virtù di santa obedienza, & alli lor luocotenenti, & ad altri officiali; e a quali si voglia della Giustitia, ministri sotto le predette pene, da esser incorse, e come di sopra si e detto, applicate, cbe sempre che saranno rìcer-cati per l’osservanza, & essecutione delle predette cose, assistendo in esse col presidio di defesione efficace, faccino con la nostra auttorità, che le presenti lettere siano inviolabilmente osservate, con tutto quello ch’in esse si contiene; refrenando i contrafatori e qualunque ribello con le sopradette sententie, censure, e pene, più volte anco aggravandole e reaggravandole, e con altri oportuni remedij de iure e de facto; chiamando anco se bisogno farà l’aiuto del braccio secolare. Non ostante le constitutioni, & ordinationi del nostro predecessore Bonifacio Ottavo, di felice memoria, di una, e nel Concilio generale de doi, ma non però tre Diete, ne ostante anco le altre ordinationi Apostoliche, overo le particolari constitutioni fatte ne’ Concilij provinciali ò sinodali; ne gli statuti e consuetudini, con giuramento, confirmatione Apostolica, ò con altra fermezza fortifìcate, e ne anco i privilegij, indulti, e lettere Apostolìche da (pia memoria.) Pio Quarto, & altri Pontefici Romani, e da noi, e da detta sede, sotto qualsivoglia tenore e forma, etiam di motu, scientia, e pienezza di potestà, ò altramente a qualsivoglia modo concesse al popolo Romano, overo alla stamparia drizzata in Roma, & a qual se sia Colle, Communità, Università, e persone, e particolarmente quelli privilegij, con li quali si dice provedersi, ch’i libri sacri, & altri in essi privilegij dechiarati non possino stamparsi, ne stampati vendersi in altro luoco, ch’in detta stamparia di Roma, sotto le censure e pene ch’in essi si contengono. A’ quali tutti, & ad altri contrarij, ancor che bisognasse farne particolar mentione, havendo per espresso il tenor lor nelle presenti, e dovendo essi in altri conti restar fermi nel vìgor loro, per questa volta sola specialmente, & espressamente deroghiamo. E perche saria difficile, che queste nostre lettere fossero portate per tutto, ove fa bisogno, vogliamo, e con la dotta auttorità, dechiariamo, ch’alle lor copie, etiam in esse opere stampate, sia in ogni luoco in giudicio è fuora, data l’istessa fede, che si darebbe all’istesso originale, se mostrato ò presentato fosse. Dato in Roma, in San Pietro, sotto il sigillo del Pescatore; alli 3. d’aprile. M.D.L.XXXII.

L’anno decimo del nostro Pontificato.

 

A cura di Francesco Vizza

Trascrizione di Cataldo Antonio Amoruso

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Stanza Luigi Lilio

Tavola della Biccherna

 

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Tavola della biccherna

 Archivio di Stato Siena, n. 72; Luglio 1582 – giugno 1583

Tempera su tavola;(cm 52,4×67,8)

 

La commissione per la riforma del calendario

Il dipinto appartiene alla serie delle tavolette di biccherna senesi che rievocavano annualmente eventi di particolare importanza. Quella qui esposta celebra l’approvazione del calendario gregoriano che sostituì, dal 4 ottobre 1582, il vecchio calendario giuliano in vigore dal 46 a.C. L’opera di autore ignoto rappresenta Gregorio XIII che presiede la Commissione del Calendario nominata nel 1576 per studiare una proposta di riforma. Nella mano sinistra ha un rotolo, forse il rapporto della commissione o la bolla di riforma, e con la destra fa segno di attenzione. Ai lati del trono ci sono cardinali, ecclesiastici minori e un alabardiere; un arco con uno sfondo di paesaggio a sinistra rende più luminosa figura e la residenza del pontefice. Dinanzi a lui intorno ad un lungo tavolo coperto di un panno verde ci sono cardinali, vescovi, frati e Antonio Lilio, fratello di Luigi Lilio, l’unico laico della commissione; alcuni studiosi sono rivolti verso il pontefice, altri discutono tra di loro, altri fanno computi sulle dita o meditano fra di sé. In mezzo a tutti un prelato in piedi indica con una lunga bacchetta su una carta l’errore di 10 giorni che secondo gli astronomi era andato accumulandosi nel calendario giuliano dopo il primo concilio cristiano tenutosi a Nicea nel 325 d.C. L’arco inferiore della sezione del diagramma corrisponde all’anno tropico, mentre l’arco superiore rappresenta un segmento dell’anno calendariale diviso in giorni. I segni zodiacali della Bilancia e dello Scorpione indicano i giorni, compresi tra il 5 e il 15 ottobre dell’anno solare, che furono tolti dal calendario. Questo particolare del dipinto sottolinea la necessità della riforma del calendario giuliano. Luigi Lilio, autore del progetto di riforma, non vide attuato il suo piano perché morì prima che giungesse a conclusione.

Gli stemmi appartengono agli ufficiali che furono in carica dal luglio 1582 al giugno 1583.

L’opera fa parte di una raccolta di 105 dipinti autentici custoditi presso l’Archivio di Stato di Siena. Le pitture sono eseguite su legno; l’opera più antica risale al 1258, la più recente al sec. XVIII. Originariamente le Tavole di Biccherna erano copertine di registri contabili della magistratura di Siena. Dal XV sec. vennero commissionati veri e propri quadri da appendere alle pareti dell’ufficio nel momento in cui camerlingo e provveditori lasciavano la carica. Le raffigurazioni si ispirano ai più importanti avvenimenti cittadini, a motivi religiosi e a episodi della politica contemporanea.

Nel 1582 il magistrato Scipione Turamini, membro del Comune di Siena, decise di dedicare la Biccherna alla riforma del Calendario Gregoriano.

 

Francesco Vizza

 

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Stanza Luigi Lilio

Relazione della commissione della riforma del calendario

 

Relazione della Commissione per la riforma del Calendario

Il 14 settembre del 1580 la Commissione, dopo aver approvato la proposta di riforma di Luigi Lilio, presenta al papa il resoconto dei lavori dal titolo: “Ratio corrigendi Fastos confirmata et nomine omnium, qui ad Calendarii correctionem delecti sunt, oblata Sanctissimo Domino nostro Gregorio XIII”.

Il testo riportato è stato trascritto dall’originale conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana (Cod. Vat. Lat., 3685, 1-10).

 

Francesco Vizza

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Breve Papale a favore di Antonio Lilio

Breve Papale a favore di Antonio Lilio

Il 3 Aprile 1582 papa Gregorio XIII per ricompensa del lavoro svolto concede ad Antonio Lilio per dieci anni i diritti di pubblicazione del nuovo calendario. Il Breve venne revocato il 20 settembre 1582 poiché Antonio non era in grado di far fronte alla crescente richiesta di copie che gli pervenivano e la stampa divenne libera.

Francesco Vizza


Breve papale in favore di Antonio 

Tratto da: “Il calendario Gregoriano perpetuo tradotto dal latino nell’italiano idioma dal reverendo M. Bartholomeo Dionigi da Fano”.  In Venetia: appresso Gio. Baptista Sessa, & fratelli, 1582.

A futura memoria

Havendo noi già alquanti giorni commandato, che si stampi publichi, (come nelle nostre lettere sopra di ciò fatte, pìu pienamente si contiena) il Calendario Romano,  con somma diligentia di  nostra commissione corretto e compito, e da noi approbato,iìnseme con l’opera del nuouo modo di correggere esso Calendario, e col Martirologio,  dal quondam Aluise Gilio diligentemente fatto e compito, secondo la regola di detto Calendario nuovo; havendo noi il debito rispetto alla faticosa e non mai stanca operatione del nostro diletto fìgliuolo Antonio Gilio dell’Umbria habitante in Roma, Dell’arti di medicina dottore, e fratello germano dì detto Alugi, qual egli a fatta nel l’acconciare detto Calendario giudicando esser il do-vere, che secondo che per le sue lunghe vigilie e fatiche questa opera per la maggior parte al suo fine è stata condotta, così anco con la sua cura e diligentia sia data fuori, e si conservi da gli errori e falli netta. E però volendo (accioche si possi anco allegrare dell’effetto della sua industria e vigilie,) favorire il detto Antonio Gilio con favore di gratia speciale. Motu proprio, e non ad instantia d’alcuna dimanda fatta a noi da detto Antonio, o da altri in nome suo, ma per nostra certa scientia, e per la pienezza dell’Apostolica potestà, concedemo per tenor delle presente a detto Antonio, che per dieci anni prossimi nissuno posto in terre de’ Christiani, sia di che grado, ordine, ò conditione esser si voglia possi stampare ò far stampare detto Calendario, opera, e Martirologio, overo parte alcuna di loro, ò qual se sia altra cosa, ch’in qual si voglia modo sia cavato, ò dipenda dalla opera della correttione di detto Calendario, e dal ciclo dell’Epatte, e dal modo dell’Equatione dell’anno Solare, e Lunare dal predetto Aluigi trovate, senza espressa licentia di detto Antonio, overo de’ suoi heredi; ne stampati li possa vendere, ò metterli in publico per venderete, ne haverli ò tenerli nelle proprie case ò altrove, etiam che in dono, ò adimprestito, ò altramente li venissero in mano. Prohibendo distrettamente a tutti, et a ciascuna persona dell’uno sesso, e particolarmente a stampatori, a librari, & a mercanti, che sono così in italia, come fuora di essa in qualunque parte del mondo, in virtù di santa obedienza, e sotto pena dell’escommunica latae sentiae, dalla quale fuor ch’in articolo dì morte, non possino esser assolti se non da noi, ò daPontefici, ch’a quel tempo seranno, havendo però prima sodisfatto il danno, e pagato la pena posta; & a quelli c’habtiano nelle terre alla Santa Romana mediate ò immediate sogetti, sotto pena della perdita de’ libri e di mille ducati d’oro di camera, da esser applicati per la mittà alla camera Apostolica e per l’altra mittà a detto Antonio overo a suoi heredi; nelle quali pene senza altra dechiaratione incorrano tante volte quante essi contrafaranno, e tutti quelli che li daranno aiuto, consiglio ò favore, & quelli che tal cose faranno, taceranno e non revellaranno, di qulunque grado, stato, ordine, conditione e dignitade se siano, che durane detto decennio non ardiscano over presumano di sotto alcuna forma in luoco alcuno stampare ò far stampare, senza espressa licentia e consenso di detto Antonio Gilio ò de’ suoi heredi, ò stampati da qualunque senza detta licenza, vendere ò tener fuori per vendere ouero in casa ò in altro luoco tenere, etiam che li fossero imprestati ò donati, over altramente dati, il detto Calendario & opera, & ilpredetto Martirologio, overo alcuna parte di loro, e qualunque altra cosa, che a modo alcuno sia cavata ò dependi dalle predette opere. Co-mandando di più a tutti e cadauno, che a recitare il divino officio obligati sono, in virtù di santa obedienza, che non adoperino altro Calendario, che questo in Roma stampato over altro che di licenza di detto Antonio Gilio, ò de’ suoi heredi stampato in altro luoco sia. Percioche essendo nuovi tutti i canoni di questo Calendario, nuova ancora la descrizione del ciclo dell’Epatta e della lettera Domemicale, si potrebbe appena fare, che non nascessero nel stamparlo de gli errori, se quelli che chiaramente questa cosa intendeno, e chell’ordine di questo Calendario perfettamente conoscono, non fossero assiduamente nel stam-parlo presenti. Da che non piccola diversità nascerebbe nella celebratione delle feste mobili, e nel pronunciare la Luna nel Martirologio. Quello certamente ch’altramente farà, incorra nella sentenzia della escomunica latae sententiae, e sappi non haver sodisfatto al suo obligo nel recitare il divino officio. Dechiarando le presenti nostre non esser a modo alcuno comprese sotto quali se siano revocationi, suspensioni, limitationi, over altre contra-rie dispositioni de simili over dissimili gratie da noi ò da’ nostri successori a lor tempi uscite, ma esser sempre da quelle eccettuate; e quante volte quelle usciranno fuori, tante volte s’intendino queste esser ritornate riposte e pienamente reintegrate nel lor pristino stato, & in quello istesso, che erano prima, che quelle fuori uscissero; e che di nuovo s’intendino esser concessa sotto un’altra data, ancorche a quelle posteriore, da esser eletta quando se sia da detto Antonio overo da’ suoi heredi predetti; e che cosi sia giudicato e definito da quali se siano Giudici e Commissari, & etiam da gli auditori delle cause del palazzo Apostolico, e da’ Cardinali della S. R. Chiesa, levandoli ogni facoltà, & auttorità, d’altramente giudicare, & insieme dechiarando essere irrito e di nissun valore tutto quello, cbe altramente intorno a questa cosa da qualunque di qualsivoglia auttorità scientemente ovcr ignorantemente occorrerà esser tentato. Perlaqual cosa commandiamo alli venerabili  fratelli, Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi, & ad altri ordinarij de’ luochi, & anco alli diletti figliuoli lor Vicarij ,& Officiali, Generali, & alli legati, Vicelegati, e Governatori, del stato temporale della Santa Romana Chiesa in luoco nostro, ò del Pontefice Romano, che allhor si trovarà, in virtù di santa obedienza, & alli lor luocotenenti, & ad altri officiali; e a quali si voglia della Giustitia, ministri sotto le predette pene, da esser incorse, e come di sopra si e detto, applicate, cbe sempre che saranno rìcer-cati per l’osservanza, & essecutione delle predette cose, assistendo in esse col presidio di defesione efficace, faccino con la nostra auttorità, che le presenti lettere siano inviolabilmente osservate, con tutto quello ch’in esse si contiene; refrenando i contrafatori e qualunque ribello con le sopradette sententie, censure, e pene, più volte anco aggravandole e reaggravandole, e con altri oportuni remedij de iure e de facto; chiamando anco se bisogno farà l’aiuto del braccio secolare. Non ostante le constitutioni, & ordinationi del nostro predecessore Bonifacio Ottavo, di felice memoria, di una, e nel Concilio generale de doi, ma non però tre Diete, ne ostante anco le altre ordinationi Apostoliche, overo le particolari constitutioni fatte ne’ Concilij provinciali ò sinodali; ne gli statuti e consuetudini, con giuramento, confirmatione Apostolica, ò con altra fermezza fortifìcate, e ne anco i privilegij, indulti, e lettere Apostolìche da (pia memoria.) Pio Quarto, & altri Pontefici Romani, e da noi, e da detta sede, sotto qualsivoglia tenore e forma, etiam di motu, scientia, e pienezza di potestà, ò altramente a qualsivoglia modo concesse al popolo Romano, overo alla stamparia drizzata in Roma, & a qual se sia Colle, Communità, Università, e persone, e particolarmente quelli privilegij, con li quali si dice provedersi, ch’i libri sacri, & altri in essi privilegij dechiarati non possino stamparsi, ne stampati vendersi in altro luoco, ch’in detta stamparia di Roma, sotto le censure e pene ch’in essi si contengono. A’ quali tutti, & ad altri contrarij, ancor che bisognasse farne particolar mentione, havendo per espresso il tenor lor nelle presenti, e dovendo essi in altri conti restar fermi nel vìgor loro, per questa volta sola specialmente, & espressamente deroghiamo. E perche saria difficile, che queste nostre lettere fossero portate per tutto, ove fa bisogno, vogliamo, e con la dotta auttorità, dechiariamo, ch’alle lor copie, etiam in esse opere stampate, sia in ogni luoco in giudicio è fuora, data l’istessa fede, che si darebbe all’istesso originale, se mostrato ò presentato fosse. Dato in Roma, in San Pietro, sotto il sigillo del Pescatore; alli 3. d’aprile. M.D.L.XXXII.

L’anno decimo del nostro Pontificato.

A cura di Francesco Vizza;   

Trascrizione di Cataldo Antonio Amoruso