Preparazione dell’Elyxir vitae di Fra Donato d’Eremita
Probabilmente nel XII secolo, ad opera di un medicdella scuola di Salerno, dalla distillazione del vino era stata estratta “l’acqua ardens, acqua vita o quintessenza” (acqua che prende fuoco). Il distillato dovette suscitare molta impressione all’epoca, tanto da essere considerato la medicina perfetta, l’ELYXIR VITAE. Gli alchimisti pensarono di essere riusciti a separare due dei quattro elementi aristotelici: l’acqua e il fuoco. Questa sostanza che riscaldava i corpi infreddoliti, rinvigoriva gli anziani, aiutava la digestione, guariva le ferite infette e preservava i corpi dalla putrefazione, poteva essere considerata l’anello di congiunzione tra la vita terrena e i corpi celesti. La scoperta dell’acol etilico rivoluzionò le tecnologie del tempo poiché è un solvente che scioglie i composti organici come i grassi, le resine, gli oli essenziali e le sostanze aromatiche volatili e non
delle piante, tutti insolubili in acqua. Dal punto di vista alchimistico l’importanza fu enorme perché era creduto che l’influenza delle stelle si fosse concretizzata come quintessenza della pianta e questa a sua volta poteva essere estratta dalla quintessenza del vino. La preparazione e i poteri della quintessenza furono ripresi dal francescano Giovanni da Rupescissa (1310 circa –1365) che per le sue prediche profetiche fu a lungo incarcerato presso le case dell’Ordine. Nel suo testo “Considerazioni sulla quinta essenza di tutte le cose”, riporta che l’alcol distillato dal vino sottoposto ad un processo di ripetute distillazioni a ciclo continuo (riflusso) in un recipiente chiuso ermeticamente, diventa una sostanza incorruttibile come la materia celeste, “radice della vita”. La dottrina segreta della quintessenza viene dedicata “ai poveri uomini evangelici affinché possano servirsene per alleviare le malattie e i
disagi, in modo da preparare il mondo all’attesa del rinnovamento e curare i malati di peste”.
[Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magl. 1.2.149, 1625.]